Canoni concordati (Patti territoriali)
Contratto di affitto in cui il canone mensile non è libero, ma stabilito in base a specifici “accordi territoriali” che coinvolgono i Comuni, le organizzazioni di inquilini e di proprietari e il Ministero dei Lavori Pubblici. Nel Comune di Venezia tale accordo è stato rinnovato il 28 marzo 2018. In generale, questi contratti sono vantaggiosi sia per l’inquilino poiché il canone è inferiore al prezzo di mercato, sia per il proprietario che gode di alcune agevolazioni fiscali. (link: https://www.comune.venezia.it/content/patti-territoriali text: https://www.comune.venezia.it/content/patti-territoriali )
Città storica
I sestieri veneziani inclusa l'isola della Giudecca.
Città insulare
La città storica + l'estuario e le isole minori.
Terraferma
Il territorio non insulare del Comune di Venezia.
Comuni ad alta tensione abitativa
Sono una serie di comuni, individuati per legge e in base a delibere del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), nei quali è presente un forte disagio abitativo. Tra i Comuni ad alta tensione abitativa vi sono tutte le maggiori città italiane e i capoluoghi di provincia. Proprio in ragione del disagio abitativo, si prevede che ai proprietari che concludono contratti di locazione a canone agevolato o concordato siano concessi significativi benefici fiscali (cedolare secca al 10%).
E.R.P. (Edilizia Residenziale Pubblica)
È costituita da alloggi il cui canone di locazione è commisurato al reddito delle famiglie locatarie. Vi si accede tramite bando comunale che ne identifica i criteri di accesso e relativa graduatoria. La proprietà di tali alloggi è di Enti o Amministrazioni pubbliche mentre la gestione può essere affidata a soggetti terzi.
I.P.A.V. – Istituzioni Pubbliche di Assistenza Veneziane
Tra gli enti socio-assistenziali rivolti alla persona più importanti del Veneto. Gestisce strutture socio-sanitarie, residenziali, centri servizi rivolti ad anziani, di riabilitazione, comunità alloggio per ragazzi e ragazze con difficoltà famigliari e di disagio giovanile, ecc. I.P.A.V. è proprietaria di un ingente patrimonio disponibile, derivante da lasciti e donazioni, costituito da 587 immobili a destinazione abitativa e 211 con destinazione diversa (negozi, alberghi, magazzini, …) localizzati in massima parte nella Città Storica di Venezia. Questi immobili sono locati con contratti del tipo libero o conformi agli accordi territoriali. Le nuove assegnazione di abitazioni sfitte sono decise attraverso gara a base d’asta al massimo rialzo. La redditività lorda degli immobili del patrimonio disponibile di I.P.A.V. è pari complessivamente a circa dieci milioni di euro annui (dato aggiornato al 2021).
ISEE-ERP
Indicatore della Situazione Economica Equivalente per l’Edilizia Residenziale Pubblica (ERP): introdotto da legge regionale determina l’accesso, la permanenza e il calcolo dei canoni di locazione degli alloggi ERP.
Legge speciale per Venezia
Con questo termine si indica, in modo generico, un complesso di interventi legislativi “speciali” che, a seguito dell’alluvione del 1966, sono stati approvati nel tempo con il fine di perseguire la salvaguardia fisica, ambientale e socio-economica della città. Per quanto concerne la casa e la residenzialità, è particolarmente rilevante la legge n. 798/1984 (seconda legge speciale dopo la prima del 1973) che introduce importanti investimenti per l’edilizia residenziale e contributi ai privati per il risanamento di immobili di proprietà, con destinazione abitativa vincolata per alcuni anni.
Locazioni brevi turistiche
Sono una tipologia di contratto di locazione di immobile ad uso abitativo che coniuga lo scopo turistico (l’abitazione cioè non viene affittata per risiederci stabilmente) con la brevità della relativa durata (almeno inferiore a 30 giorni, ma spesso limitata a pochi giorni). Si tratta della tipologia contrattuale più frequente con la quale le case a Venezia sono affittate ai turisti. La sua grande diffusione è legata all’avvento delle piattaforme di home-sharing; la più nota fra queste è Airbnb (nata nel 2008). Non essendo una tipologia ricettiva vera e propria, le locazioni turistiche brevi non ricadono nella competenza legislativa regionale in materia di strutture ricettive (diversamente da B&B, affittacamere, ecc.), ma in quella statale.
Equo canone
Con la legge L.392 del 1978 si introdusse una calmierazione dei canoni di affitto: i contratti stipulati non potevano superare il cosiddetto “equo canone”, un valore stabilito sulla base di alcune caratteristiche dell’alloggio locato, come il tipo di immobile (rurale, ultrapopolare, popolare, economico, civile, signorile), il livello di piano, lo stato di conservazione, la zona della città, l'accesso o meno al trasporto pubblico locale, le dimensioni della città. La legge fu abrogata nel 1998 e da allora i canoni di affitto privati sono completamente sottoposti al mercato.
Sulla corretta interpretazione dell’art. 42 del Regolamento Edilizio del Comune di Venezia
di Giacomo Menegus (Università degli Studi di Macerata)
Non solo sono ormai trascorsi più di 600 giorni senza che il Comune adottasse un regolamento sugli affitti brevi.
Non solo i controlli effettuati sul requisito delle “fosse settiche” sono pochi e inefficaci, come riporta la stampa locale (vedi: La Nuova Venezia del 27 febbraio 2024)
Ma la stessa amministrazione che nel 2019 approvava il nuovo Regolamento edilizio, ne dà oggi un’interpretazione riduttiva ed erronea, lasciando via libera a B&B e affitti brevi anche lì dove andrebbero vietati.
Spieghiamo perché qui, pubblicando un articolo di Giacomo Menegus, Università degli Studi di Macerata
I. Introduzione e contesto. L’approvazione del nuovo Regolamento edilizio del Comune di Venezia nel 2019, con l’introduzione di specifiche disposizioni riguardanti le locazioni turistiche agli artt. 42 e 63 RE, ha rappresentato un primo interessante tentativo, a livello locale, di intervenire sul fenomeno dei cd. affitti brevi, pur in assenza di una legislazione nazionale o regionale che fornisca specifici strumenti di gestione alle amministrazioni comunali.
L’impiego, nel caso di specie, della potestà regolamentare in materia edilizia, se da un lato, sub art. 63, può apparire strettamente connesso alle peculiarità della Città Antica, prescrivendo l’adozione delle “fosse settiche” per tutti gli «immobili che, pur avendo destinazione urbanistica residenziale, sono adibiti a B&B, locazione turistica o altra forma di attività turistica» (e dunque di scarso interesse al di fuori del contesto veneziano), dall’altro lato, sub art. 42, manifesta invece un’attitudine favorevole a potenziali applicazioni anche al di fuori del contesto lagunare, ossia in tutte quelle realtà nelle quali, per svariate ragioni, la tutela della residenzialità, a fronte di un’eccessiva diffusione delle attività ricettive in immobili aventi destinazione urbanistica residenziale, assurga a interesse pubblico meritevole di particolare tutela.
L’art. 42 infatti, laddove prescrive che negli edifici costituiti da più unità immobiliari vi possano essere più attività di B&B o locazione turistica purché «non siano tra loro in comunicazione fisica o poste in continuità diretta» esprime chiaramente la necessità, comune a tutte le città a forte pressione turistica, di evitare che allo stesso piano di un edificio ovvero in un intero palazzo si installino prevalentemente, se non esclusivamente, attività di ospitalità turistica le quali – benché esercitate in civile abitazione – finiscano per alterare significativamente non soltanto la destinazione residenzialedell’immobile, ma pure la vivibilità dello stesso.
L’importanza della disposizione nella prospettiva di una regolazione sul piano edilizio delle attività di ricettività in civile abitazione, pure in altri contesti cittadini, è data anche dal fatto che la norma – impugnata dinanzi al T.A.R. Veneto – ha passato indenne il vaglio del giudice amministrativo (T.A.R. Veneto, 27 dicembre 2022, n. 1961, non appellata).
Nel rigettare le doglianze dei ricorrenti, il T.A.R. ha svolto importanti considerazioni che, pur sviluppate in relazione al caso veneziano, ben possono attagliarsi a contesti con problemi e caratteristiche analoghi, quali in via esemplificativa potrebbero essere i centri storici di Firenze, Roma e Napoli, che godono di particolare tutela, anche in virtù del riconoscimento quale sito del patrimonio mondiale UNESCO, e sono interessati da una intesa diffusione delle attività di ospitalità turistica in civile abitazione.
Il giudice amministrativo ha infatti rilevato come le previsioni di cui all’articolo 42, attengono «al merito del potere urbanistico, avente carattere ampiamente discrezionale, non risultano sproporzionate rispetto alla ratio di salvaguardare, nel centro storico di Venezia, il mantenimento di alloggi idonei alla residenza di carattere stabile e di condizioni di vivibilità del tessuto urbano, contemperando la libertà di iniziativa economica con la tutela di altri valori confliggenti» (T.A.R. Veneto, 27 dicembre 2022, n. 1961, Diritto, p.to 15).
Nell’argomentare tale affermazione, si riporta nella sentenza un ampio estratto di un precedente dello stesso T.A.R. Veneto, esempio di una giurisprudenza che conta ormai importanti conferme anche in pronunce del Consiglio di Stato (si v. soprattutto Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2018, n. 1697); in quell’occasione, il giudice amministrativo veneziano si era pronunciato in rapporto a limiti imposti ad altre attività ricettive extra-alberghiere, ma giova comunque riportare per intero lo stralcio, vista la pregnanza dell’argomentazione: «“la finalità perseguita dal Comune (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 6 aprile 2006, n. 871) è dichiaratamente quella di salvaguardare, nel centro storico di Venezia, il mantenimento di alloggi idonei alla residenza di carattere stabile e di condizioni di vivibilità del tessuto urbano che sarebbero compromesse dal proliferare di strutture extralberghiere le quali, ove lasciate senza vincoli alle regole del mercato, a fronte della notevole domanda di alloggi turistici presente nella città di Venezia, finirebbero per sottrarre abitazioni alla residenza stabile, e il perseguimento di tale finalità giustifica sul piano della ragionevolezza una disciplina, quale quella dettata dal Comune, che non reca divieti di carattere assoluto, ma si prefigge lo scopo di contemperare la libertà di iniziativa economica con la tutela di altri valori confliggenti (tali finalità di carattere pubblicistico volte a salvaguardare la sostenibilità ambientale del tessuto urbano, sono state ritenute sufficienti a dettare, in linea generale, limiti alla superficie minima degli alloggi residenziali: cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 maggio 2013, n. 2433; id. 22 gennaio 2013, n. 361; riguardo alla legittimità degli interventi del Comune di Venezia volti a dettare limiti alle attività economiche finalizzati alla salvaguardia della sostenibilità ambientale, della vivibilità e dei valori storico artistici della città di Venezia dal massiccio flusso turistico richiamato dalla straordinaria bellezza monumentale che vi è presente cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1860, punti 7, 8 e 9 in diritto; negli stessi termini id. 13 febbraio 2013, n. 859)”. (T.A.R. Veneto, Sez. III, 12 novembre 2014, n. 1396, confermata da Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2018, n. 1697)».
In una successiva sentenza dello stesso T.A.R. (T.A.R. Veneto, 8 luglio 2023, n. 1022, non appellata), avente ad oggetto ancora l’art. 42 (e l’art. 63), il giudice amministrativo – ribadendo la decisione assunta nell’altro giudizio – ha pure escluso, contrariamente a quanto avrebbero voluto i ricorrenti, l’assimilazione delle locazioni turistiche a quelle abitative, rilevando come sia «evidente del resto la differenza con le locazioni ad uso abitativo, ordinarie o transitorie, dirette a soddisfare l’interesse primario all’alloggio, e non un interesse meramente turistico, sicché non risulta incongruo un trattamento differenziato che […] introduca una tutela particolare della sola residenzialità e del bisogno abitativo».
La disposizione in oggetto, di cui si è cercata brevemente di illustrare l’importanza anche al di là del caso veneziano, sembra sollevare tuttavia inattesi problemi applicativi, in relazione ai quali sono state diverse richieste di chiarimenti da parte degli operatori (ad es. ANCE e ABBAV). Rispetto ai dubbi in questione si offre una soluzione attraverso l’impiego delle consuete tecniche dell’interpretazione giuridica.
II. Interpretazione dell’art. 42 RE Venezia. L’attuale formulazione dell’art. 42 RE Venezia, per la parte che interessa, è la seguente:
Negli edifici costituiti da due o più unità immobiliari ad uso residenziale sono ammesse più unità immobiliari residenziali che svolgono attività di “Bed and Breakfast / Locazione turistica” a condizione che non siano tra loro in comunicazione fisica o poste in continuità diretta.
L’incertezza applicativa concerne essenzialmente l’ultima parte della disposizione, ossia il significato da attribuire a “continuità diretta”. Al fine di identificare l’interpretazione corretta, pare utile premettere una breve ricostruzione dei lavori preparatori che hanno condotto alla formulazione odierna.
La formulazione iniziale era la seguente (PD n. 1007 del 18 luglio 2019 - Allegato 2):
Negli edifici costituiti da due o più unità immobiliari ad uso residenziali sono ammesse più unità immobiliari residenziali che svolgono attività di bed and breakfast o locazione turistica alle seguenti condizioni:a) non siano tra loro in comunicazione funzionale o fisica – o posti in continuità diretta da spazi comuni (es. pianerottolo del vano scale);b) non siano riconducibili alla stessa proprietà/operatore od allo stesso nucleo familiare entro il primo grado di parentela
A seguito del parere dell’Avvocatura civica sul testo della disposizione, la Giunta comunale ha proposto un sub-emendamento all’art. 42 (6 dicembre 2019), che lo ha riformulato nella versione odierna, da un lato, eliminando la seconda condizione sub b), avente carattere soggettivo, rispetto alla quale si potevano presentare problemi di legittimità per la potenziale discriminazione tra operatori; dall’altro lato, semplificando la prima condizione – che diviene unica condizione oggettiva – tramite la rimozione dell’ultima parte della frase, ossia «da spazi comuni (es. pianerottolo del vano scale)». Né dai pareri dell’Avvocatura, né nel corso del dibattito in Consiglio comunale è emersa chiaramente una spiegazione del significato che andrebbe attribuito a “comunicazione fisica” e “continuità diretta”, quindi pare lecito – ai fini dell’interpretazione e quindi dell’applicazione della norma – fare riferimento ai consueti canoni ermeneutici, pur tenendo conto della modifica intervenuta rispetto alla prima formulazione proposta.
Secondo l’impiego del criterio letterale, per “continuità diretta” dovrebbe intendersi il rapporto di continuità tra due o più unità immobiliari, ovvero l’assenza di interruzioni nello sviluppo dello spazio residenziale. Tale condizione sembrerebbe realizzarsi quando tra le due unità ci siano internamente una porta (tra unità poste sullo stesso piano) o una scala (tra unità poste a diversi piani) che consentono la comunicazione tra gli ambienti delle due unità. Senonché tale potenziale significato di continuità è già espresso dalla prima locuzione impiegata dall’art. 42, ossia “comunicazione fisica”.
Posto che tra le due locuzioni in questione (“comunicazione fisica” e “continuità diretta”) è inserita la congiunzione disgiuntiva “o”, alle stesse non si può riconoscere il valore di mera endiadi. Le due situazioni sono infatti alternative l’una all’altra e pertanto va trovato un significato a “continuità diretta” diverso da quello di “comunicazione fisica”.
Non può quindi essere accolta, per elementari ragioni di corretta interpretazione dei testi giuridici, la soluzione “ufficiale” proposta dall’Assessore all’Urbanistica, all’Edilizia Privata e all’Ambiente in risposta all’interrogazione nr. d’ordine 907 del 31-01-2024. Questi, anche richiamandosi ai chiarimenti comunicati ad ANCE con nota Pg. 2020/138699 del 12-03-2020, vorrebbe sostanzialmente unificare le due situazioni alternative delle unità immobiliari, obliterando la seconda parte del testo. La norma si limiterebbe, secondo l’interpretazione offerta dagli uffici competenti e fatta propria dall’Assessore, a vietare lo svolgimento di attività di B&B e locazione turistica in più unità immobiliari residenziali «qualora presentino tra loro delle aperture e/o comunicazioni dirette». Si indicano nella risposta, in via esemplificativa, il caso del «collegamento orizzontale: porta di collegamento interna su muro di divisione delle unità immobiliari», e quello del «collegamento verticale: scala di collegamento interna tra due o più unità immobiliari sovrapposte». Ma quello proposto dall’Assessore è all’evidenza, come già illustrato, il significato espresso dalla locuzione “comunicazione fisica” e nulla dice sul significato, diverso, che va attribuito a “continuità diretta”. Questa lettura “ufficiale”, erronea e sorprendentemente limitativa rispetto alla portata precettiva dalla disposizione, va dunque messa da parte.
Ai fini dell’identificazione del significato letterale della locuzione non soccorre neppure il testo del Regolamento, dal momento che non è dato rintracciare, all’interno dello stesso, un impiego analogo della parola “continuità”, la quale – nelle altre occasioni in cui è utilizzata – si limita ad assumere il generico significato di assenza di interruzioni (si v. ad es. art. 46 – Portici pubblici o ad uso pubblico e art. 54 – Recinzioni).
È dunque necessario guardare alla ratio della norma per tentare di chiarire il senso della locuzione in questione. La finalità della disposizione appare peraltro chiarissima, sia in virtù delle finalità generali del PD n. 1007, sia alla luce dei pareri dell’Avvocatura, del dibattito in Consiglio comunale e delle sentenze sopra richiamate del T.A.R. Veneto. Lo scopo della limitazione delle attività turistiche in unità immobiliari aventi destinazione residenziale è la tutela della residenzialità nella Città Antica, realizzata impedendo la trasformazione prevalente o esclusiva di interi edifici in attività ricettive di fatto. L’obiettivo era ancor più chiaro nella prima versione del testo: non solo si intendeva evitare che più unità con destinazione turistica fossero messe in comunicazione diretta tra loro, ma pure che ci fossero unità separate tra le quali, grazie agli spazi comuni (si fa l’esempio del pianerottolo), vi fosse comunque in qualche misura continuità.
Va tuttavia evidenziato che il riferimento agli spazi comuni (tra cui vanno compresi, oltre al pianerottolo, scale, cortili, ecc.) avrebbe rischiato di negare sostanzialmente la prima parte della disposizione, che acconsente alla destinazione di più unità immobiliari nello stesso edificio ad attività turistica.
La soluzione emendativa proposta dalla Giunta, che rimuove l’ultima parte della frase nella prima versione, ossia «da spazi comuni (esempio pianerottolo del vano scale)», si può quindi ragionevolmente spiegare con la volontà di evitare un cortocircuito applicativo, conservando la possibilità sul piano pratico di avviare diverse attività di B&B e locazione turistica nello stesso edificio (la questione emerge in effetti, seppur in maniera estemporanea, nel dibattito in Consiglio comunale; v. intervento Cons. Canton - Comune di Venezia – Seduta Consiglio Comunale del 12 dicembre 2019).
Rimane tuttavia la locuzione “continuità diretta”, cui va dato – come si è detto – un significato diverso da quello di “comunicazione fisica” e che sia conforme alla ratio complessiva dell’intervento regolamentare, che, come si è rilevato, è quella della vivibilità negli edifici a destinazione residenziale e, indirettamente, della tutela della residenzialità. Posto che, per le ragioni testé illustrate, non è dato ripristinare il senso che la locuzione aveva prima dell’emendamento di Giunta, pare obbligato attribuire a “continuità diretta” il significato di “continuità fisica diretta”: sarebbero insomma da ritenersi non ammissibili nel medesimo edificio unità immobiliari destinate a B&B e locazione turistica attigue o adiacenti, che condividano cioè uno o più muri perimetrali, risultando così in continuità diretta l’una con l’altra. In questo caso si avrebbe continuità diretta in senso orizzontale. Non si vede però per quale ragione, alla luce della ratio della disposizione, la continuità diretta non possa essere interpretata anche in senso verticale, escludendo cioè la possibilità di destinare a B&B e locazione turistica unità abitative poste direttamente l’una sopra l’altra (con pavimento/soffitto in continuità diretta, appunto).
Un’interpretazione di questo tipo ha il pregio di garantire in primis la possibilità, almeno ipotetica, di destinare a B&B e locazione turistica più unità immobiliari nello stesso edificio, come vuole la norma, ma al contempo di assicurare il perseguimento della ratio di tutela espressa dalla condizione che vuole le unità immobiliari non «in comunicazione fisica o poste in continuità diretta».
Un’applicazione rigorosa della norma, secondo l’interpretazione indicata, consentirebbe peraltro all’amministrazione comunale di evitare le palesi e diffuse elusioni della lettera e dello spirito del Regolamento poste in essere anche dopo l’approvazione dello stesso, in tutti quei casi in cui interi palazzi – come riportato nella cronaca locale (si v. ad es. l’articolo a firma di Eugenio Pendolini, A Venezia anche gli hotel puntano sugli affitti brevi. Gli appartamenti pubblicizzati online sono a decine, su la Nuova Venezia del 13 novembre 2023) – sono stati trasformati in alberghi “di fatto”, limitandosi (forse), per ossequio formale all’art. 42, a evitare collegamenti diretti tra le varie unità immobiliari.
Dott. Giacomo Menegus - Venezia, 4 marzo 2024
Social Housing/Edilizia convenzionata o Edilizia Residenziale Sociale
Si tratta di progetti che si collocano tra l’edilizia popolare e il mercato immobiliare libero destinati alla fascia di popolazione che non può accedere ai bandi ERP ma che non riesce ad acquistare o sostenere un canone d’affitto di un appartamento a prezzi di mercato. Il social housing è definito dal D.M. 22 aprile 2008.